Ricollega i neuroni non danneggiati
La maggior parte dei trattamenti per l’ictus mira a ridurre o riparare i danni ai neuroni colpiti. Ma un nuovo studio condotto sui topi ha dimostrato che un farmaco già in uso per il trattamento di alcuni disturbi neurologici potrebbe aiutare i pazienti a riprendersi dall’ictus facendo sì che i neuroni non danneggiati si occupino del problema.
Un ictus ischemico si verifica quando l’ostruzione di un vaso sanguigno interrompe l’afflusso di sangue al cervello, causando la morte dei neuroni. I pazienti che sopravvivono all’ictus possono soffrire di una compromissione del controllo della motricità fine e del linguaggio e di altre disabilità, per le quali è spesso necessaria una riabilitazione a lungo termine.
Logicamente, molte opzioni terapeutiche in fase di sviluppo si concentrano sulla minimizzazione o sull’inversione dei danni ai neuroni, utilizzando elementi come cellule staminali, farmaci antinfiammatori, idrogeli iniettabili o molecole che convertono le cellule vicine in neuroni.
Ma in un nuovo studio, i ricercatori della Ohio State University hanno trovato un’alternativa promettente: un farmaco noto come gabapentin che essenzialmente ricrea la parte non danneggiata del cervello per riparare le connessioni interrotte tra i neuroni e ripristinare le funzioni motorie.
Per testare il farmaco, il team ha somministrato gabapentin ogni giorno per sei settimane a topi colpiti da ictus. I topi trattati hanno recuperato la funzione motoria fine degli arti anteriori in misura molto maggiore rispetto ai topi di controllo e questo miglioramento è persistito due settimane dopo la fine del trattamento. Questo, secondo il team, indica che i cambiamenti si sono consolidati nel sistema nervoso.
Il farmaco agisce bloccando l’espressione di una proteina recettoriale chiamata alfa2delta2, che può diventare “ipereccitata” dopo una lesione come l’ictus e impedire la crescita degli assoni che potrebbero riparare il danno. Quando la gabaprentina blocca questa proteina, si è visto che i neuroni del lato non danneggiato del cervello germogliano nuovi assoni e ripristinano i segnali, consentendo agli animali di riacquistare alcune funzioni motorie.
“Immaginate che questa proteina sia il pedale del freno e che il recupero sia il pedale del gas”, ha detto Andrea Tedeschi, autore principale dello studio. “Si può spingere sul pedale del gas, ma non si può accelerare finché si spinge anche sul pedale del freno. Se si inizia a sollevare il pedale del freno e si preme continuamente sull’acceleratore, si può davvero accelerare il recupero. Pensiamo che questo sia l’effetto del gabapentin sui neuroni, e che ci sia un contributo di cellule non neuronali che attingono a questo processo e lo rendono ancora più efficace”.
Come sempre, non c’è alcuna garanzia che i risultati degli studi sugli animali si trasmettano agli esseri umani, ma in questo caso c’è almeno un buon segno. Il gabapentin è già utilizzato nell’uomo per altri disturbi neurologici, come il dolore nervoso e le crisi epilettiche, quindi la sua sicurezza e i suoi effetti collaterali sono già noti.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Brain.