Un sensore di grafene per scoprire malattie dall’alito
La possibilità di diagnosticare infezioni o malattie semplicemente respirando su uno smartphone è una visione degli scienziati della Toyohashi University of Technology in Giappone, che hanno sviluppato un sensore a semiconduttore in grado di rilevare minime tracce di biomarcatori.
Misurando pochi millimetri, questi sensori potrebbero in futuro essere incorporati in strumenti che consentirebbero di effettuare test sanitari a domicilio per supportare la telemedicina.
L’epidemia di COVID-19 ha fatto emergere la necessità di effettuare milioni di test, ma anche la diffusione di altre malattie e del cancro – in aumento in quasi tutti i Paesi – generano una pressante necessità di test di biomarcatori rapidi, accurati e convenienti, che possano essere eseguiti da dispositivi compatti che utilizzano la tecnologia convenzionale di fabbricazione dei semiconduttori.
“Il nostro obiettivo di ricerca è una diagnosi semplice e rapida utilizzando piccole quantità di fluidi corporei come sangue, urina e saliva”, spiega Kazuhiro Takahashi, professore presso l’Electronics-Inspired Interdisciplinary Research Institute della Toyohashi University of Technology, che ha guidato lo sviluppo del sensore.
I ricercatori hanno creato un prototipo di chip utilizzando nanoschede sospese come il grafene, un foglio di atomi di carbonio dello spessore di un atomo. Il foglio di grafene è stato teso in una cavità sigillata, in modo da poter intrappolare singoli biomarcatori – molecole che possono indicare la presenza di una condizione o di una malattia. Quando un biomarcatore aderisce alla superficie del grafene, questa si deforma in una struttura simile a una cupola.
Quando la struttura viene illuminata da un LED, l’interferenza ottica che ne deriva genera cambiamenti di colore che possono rivelare la presenza di biomarcatori.
Utilizzando questa tecnica, Takahashi e il suo team sono riusciti a rilevare l’antigene PSA, un biomarcatore ampiamente utilizzato per diagnosticare il cancro alla prostata, in 1 millilitro di soluzione. La quantità di PSA rilevata è stata di soli 100 attogrammi. Questa elevata sensibilità compete con quella dei grandi dispositivi di analisi presenti negli ospedali, ma il prototipo di sensore è compatto e portatile e fornisce risultati in tempo reale. I ricercatori sono stati anche in grado di rilevare i biomarcatori di COVID-19.
Takahashi e il suo team stanno ora sviluppando ulteriormente il sensore in modo che possa diagnosticare le malattie analizzando il respiro esalato o il gas rilasciato attraverso la pelle.
“Il dispositivo potrebbe essere integrato in un sistema di sensori mobili”, afferma Takahashi. “Non dovrebbe essere costoso perché il sensore e il circuito di lettura saranno un modulo molto piccolo. Possiamo ridurre il costo utilizzando le tecnologie dei semiconduttori e della produzione di massa”.
La commercializzazione del sensore potrebbe richiedere 2/3 anni, e i ricercatori sono alla ricerca di partner industriali per realizzare biosensori ultrasensibili per uso domestico.