L’importanza della trasmissione a corto raggio
I risultati sottolineano l’importanza della distanza fisica e l’uso di maschere che potrebbero essere i mezzi più efficaci per prevenire l’infezione. La ventilazione, anche se utile, è probabile che abbia un impatto minore.
“Si è pensato a spazi poco ventilati e alla trasmissione per via aerea su metri o attraverso una stanza. Non sto dicendo che non succede, ma penso che ancora il più grande rischio di esposizione è quando si è vicini a qualcuno”, ha detto il Prof Jonathan Reid, direttore del Centro di Ricerca Aerosol dell’Università di Bristol e autore principale dello studio.
“Quando ci si allontana, l’aerosol viene diluito, ma c’è anche meno virus infettivo perché il virus ha perso infettività”.
Fino ad ora, le nostre ipotesi su quanto tempo il virus sopravvive in minuscole goccioline trasportate dall’aria si sono basate su studi che hanno coinvolto la spruzzatura del virus in recipienti sigillati chiamati tamburi Goldberg, che ruotano per mantenere le goccioline nell’aria. Usando questo metodo, i ricercatori statunitensi hanno scoperto che il virus infettivo poteva ancora essere rilevato dopo tre ore. Eppure tali esperimenti non replicano accuratamente ciò che accade quando tossiamo o respiriamo.
Invece, i ricercatori dell’Università di Bristol hanno sviluppato un’apparecchiatura che ha permesso loro di generare un numero qualsiasi di minuscole particelle contenenti virus e di farle levitare delicatamente tra due anelli elettrici per un tempo compreso tra cinque secondi e 20 minuti, controllando strettamente la temperatura, l’umidità e l’intensità della luce UV dell’ambiente circostante. “Questa è la prima volta che si è potuto simulare cosa accade all’aerosol durante il processo di esalazione”.
Per approfondire, l’articolo originale (in inglese)